APERTURA DI CACCIA

(di Andrea Cupini)

 

Non avevo fatto molte aperture nel senese. Quell’anno però, complice l’amico Marco con il quale condividevo la passione per gli springer, e che mi avrebbe ospitato, mi convinsi.

La sera prima, come da manuale, discorsi di caccia e di cani, poi il programma della cacciata, con le precise indicazioni sulle dimore e abitudini di tortore e fagiani. Il luogo scelto era un  tratto di fiume che confinava con una zona di ripopolamento e cattura e vicino ad una bella riserva di caccia padronale.

Marco e gli altri amici del posto, assicuravano che durante lo “sgambo” dei cani, dal folto della sponda del fiume erano usciti parecchi fagiani ed anche qualche lepre. Certo bisognava che il cane “entrasse” altrimenti non c’era speranza. C’erano anche le tortore che traccheggiavano dai campi di girasole della vicina riserva al fiume, e dato che la stagione aveva retto erano ancora in buon numero.

I cani, tutti springer, erano stati allenati bene e poi anche se fosse stato caldo con l’acqua del fiume non avremmo avuto problemi.

I miei due springer, Track e Roy erano in forma. Questi due cani che adoperavo sia in prova che a caccia (con qualche riguardo) mi avevano già dato grandi soddisfazioni, perciò ero contento e tranquillo che la giornata sarebbe stata buona.

Trascorsa la notte, più che a dormire a pensare alle precedenti aperture, ai cani, al fucile: insomma a tutto quello che potesse far trascorrere il tempo in maniera veloce perché di dormire non c’era verso, mi appisolai poco prima che la sveglia suonasse, almeno così mi parve.

Preso il caffè, caricati i cani, trovati gli amici, arrivammo sul posto di caccia. Mancava il posteggiatore! In effetti il luogo doveva essere buono perché moltissimi colleghi avevano fatto la nostra scelta.

Rapido conciliabolo e modifica del programma. Marco ed io saremmo rimasti lì e ci saremo divisi per aumentare la possibilità di battere più terreno vergine. Gli altri sarebbero andati in un posto vicino con la speranza di trovare meno gente.

Ci avviammo. Mi fermai lungo un tratto di sponda non presidiato da altri cacciatori, Marco andò oltre. Era ancora scuro, dovevo attendere per sciogliere il cane. Mi guardavo intorno per vedere qualche tortora che avrebbe potuto sbloccare dagli alberi o volare nei pressi dato che nei campi avevano già cominciato a sparare. Le sponde alberate del fiume non facevano ancora passare la luce sufficiente per poter cacciare. Dopo un po’ di tempo, che sembrò lunghissimo, giudicai che fosse giunto il momento di sciogliere Track, Roy l’avevo lasciato in macchina.

Il cane,  un bianco fegato di buona corporatura, iniziò a lavorare la sponda del fiume, io ero fuori ed ancora l’ombra delle piante non mi consentiva di vedere bene. Intuivo la posizione del cane dal rumore delle frasche e dei rovi: a tratti più vicino poi più lontano. Percepii che stava perseguendo un selvatico dall’azione diventata frenetica, più in basso vicino all’acqua. Poco dopo una frullata. Guardo e riesco ad intravedere nello scuro il fagiano che sparisce alla mia vista e viene fucilato da qualcuno appostato più avanti. Track appare dal folto e mi guarda come a dire: allora? Dopo un complimento si riprende e non passa mezz’ora che l’azione si ripete. Allora? C’e molta gente e sto cacciando male. Faccio la caccia a chi sta appostato lungo la sponda in attesa di una tortora o a chi mi sopravanza con un cane che non batte il folto. Allora lego il cane, torno alla macchina e mi metto a dormire, per recuperare la notte. Alle nove e mezza apro gli occhi. Gli spari sono diventati rari. Il posteggio è molto meno affollato. Riparto, questa volta con Roy, un tricolore anch’esso di buona corporatura. Scendo nel fiume che ha poca acqua e mi rinfresca i piedi. Il cane batte la sponda che è molto sporca con vegetazione bassa di rovi e poi acacie e sambuchi. Si sente sempre dov’è anche se lo vedo poco. Mi accorgo comunque che sta cacciando forte ed in effetti parte un bel maschio che riesco ad abbattere. Viva. Mi scappa un urlo di gola. Il fagiano è caduto, ti pareva, nel folto di un roveto, solo un attimo di apprensione ed ecco che Roy riporta felice. Proprio un bel maschio vecchio con degli speroni acuminati ed una coda stupenda. Bravo Roy.

Per concedere una possibilità anche all’altro cane torno alla macchina, lascio Roy e prendo Track. Parto in direzione opposta, dove dovrei incontrare Marco, faccio si e no cento passi ed il cane che sta battendo la sponda, dà segni evidenti di essere in emanazione. Il posto è molto sporco, un macchione di rovi e vitalbe coprono il terreno fino allo stradello dove mi trovo. Sento il cane lavorare indiavolato ma non succede niente. Che sia una passata vecchia? O la battuta di un fagiano ucciso precedentemente? D’altronde a quell’ora da quel posto sono già passati decine di cacciatori e di cani, difficile che possa esserci rimasto un animale. Il cane esce dalle vitalbe interrompendo i miei pensieri, si blocca per un attimo, mi guarda, guarda verso il macchione e si tuffa dentro, anzi facendo fatica ad entrare cerca di cavalcarlo finche non sprofonda all’interno. Non ho più dubbi, ci deve essere un animale li dentro! Un’altra uscita del cane ed un immediato tuffo nel folto fanno finalmente esplodere una fagiana che nonostante l’emozione dell’azione, riesco ad abbattere. Altro urlo liberatorio, e vedo spuntare Marco che chiede cosa sta succedendo, poi vede Track che riporta la fagiana e capisce prima ancora che io parli. Anche lui stenta a credere che quella fagiana possa essere rimasta nascosta nelle vitalbe fino a quel momento in un punto tanto transitato.

Lui ha un fagiano e due tortore. Ne ha levati diversi ma la gente lo seguiva da presso: praticamente ha fatto cacciare gli altri. Torniamo alla macchina per la colazione e consideriamo che avremmo dovuto cacciare insieme. Facciamo con calma. Siamo convinti che sul terreno sono rimasti animali che per la confusione non si sono ancora mossi ma che lo faranno appena il luogo si calmerà un po’.

Sono le dodici. Cambiamo i cani e questa volta cacciamo in linea: io dentro il fiume con Roy, lui fuori con la Benjie. Il cambiamento di strategia si fa subito apprezzare. I cani battono bene l’argine e sono sempre in vista dell’uno o dell’altro. Una femmina, avvisata dalla Benjie,  appare fra gli alberi e viene abbattuta nel fiume. Dopo il riporto facciamo nuovamente il punto della situazione. Mi scambio con Marco, lui dentro io fuori dalla sponda, si prosegue, è caldo, ma l’ombra delle piante e l’acqua del fiume aiuta noi ed i cani. Un tiro impossibile ad una tortora nel campo mi fa contare i passi: quarantotto. Evidentemente una cartuccia che aveva fatto palla! Stiamo rientrando alla macchina, la nostra attenzione al lavoro dei cani è diminuita, chiacchieriamo camminando. Un frullo ci sorprende facendoci sobbalzare. Troppo tardi per sparare. I cani sono sorpresi, poi capiscono anche loro che la giornata di caccia è conclusa.